dal sito di informazione La Nuova Bussola Quotidiana

ll porno via internet è ormai una dipendenza così diffusa per cui durante il convegno vaticano “Droghe e dipendenze: un ostacolo allo sviluppo umano integrale”, si è parlato anche di questo. «Già Paolo VI aveva dato l'allarme, ma la situazione ora è tale che Chiesa e società devono intervenire subito», spiega alla NuovaBQ Tebaldo Vinciguerra, autore di "Pornografia Cosa ne dice la Chiesa?" e fra i fondatori dell’associazione PURIdiCUORE.

Siamo arrivati al punto che persino il Vaticano ha cominciato a parlarne.

Sì, la pornografia è diventata una dipendenza così diffusa per cui dal 29 novembre al 1 dicembre, durante il convegno internazionale “Droghe e dipendenze: un ostacolo allo sviluppo umano integrale” (organizzato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale), si è parlato anche di questo.

La NuovaBQ ha intervistato uno dei partecipanti, Tebaldo Vinciguerra, l’autore di "Pornografia Cosa ne dice la Chiesa?" (ed. San Paolo) e fra i fondatori dell’associazione PURIdiCUORE.

 

Nei giorni scorsi avete parlato di internet e della pornografia, com’è possibile che qualcosa di apparentemente innocuo come uno strumento tecnologico possa generare dipendenza al pari di alcol e droga?
Lo sviluppo tecnologico richiede un questionamento e accompagnamento etico. Con un laptop, tablet o uno smartphone collegato a Internet, chiunque può ricevere informazioni e accedere a una miriade di siti, contenuti, reti sociali. Con svariate possibilità di interagire. I citati strumenti tecnologici mettono alla nostra portata un vasto mondo in continuo aggiornamento. Talvolta c’è chi si lascia sedurre da questo mondo, proprio dalla possibilità che offre di interagire continuamente con proposte e sollecitazioni sempre nuove e più veloci. Al convegno è stato raccontato l’aneddoto di una madre con il neonato in braccio durante un viaggio in treno: il neonato ogni tanto prendeva il latte dal seno materno, ogni tanto alzava le manine sorridendo per giocare con la guancia della madre. Quest’ultima non lo guardava affatto: era ininterrottamente immersa in conversazioni tramite smartphone. La relazione malsana con lo strumento tecnologico mette a repentaglio le relazioni con chi ci circonda e, in fin dei conti, anche con se stessi.

Perché anche la pornografia genera dipendenza?
Sono soprattutto i progressi nello studio del cervello e degli ormoni che consentono di spiegare la comparsa di meccanismi di dipendenza nei consumatori di immagini pornografiche, usate solitamente come supporto per la masturbazione. Queste immagini stimolano piacevolmente la persona per un certo tempo. Ma non soddisfano mai in modo duraturo e, dopo un brutale crollo nei livelli di benessere, il cervello spinge il consumatore a cercare nuovamente il modo di sperimentare un elevato livello di eccitazione, offerto dalle immagini pornografiche. Dunque si avvia una consuetudine, un ciclo senza fine nel quale si cercano queste immagini sempre più spesso e di tipo sempre più spinto. Questa dipendenza da un lato ha carattere ormonale e fisiologico e dall’altro invece emotiva, poiché il consumo di pornografia può radicarsi più facilmente nell’individuo che presenta determinate ferite, specialmente affettive. Il consumo diventa in un certo senso un palliativo, una consolazione, che però genera pensieri di questo tipo: «E se gli altri venissero a saperlo? Mi disprezzerebbero, davvero non sono degno di essere stimato né amato, il solo modo di consolarmi è la pornografia», e così ci si ritrova asfissiati e intrappolati dalla pornografia. Sono questi, in poche parole, i due lati della pornodipendenza come l’ha presentata giovedì il terapeuta statunitense Peter Kleponis. Aggiungerei una cosa: molte testimonianze raccolte da terapeuti o confessori, nonché dalla nostra associazione PURI di CUORE, concordano con questa dimensione di dipendenza: le persone dicono «vorrei smettere ma non ci riesco, ogni volta ricomincio».

Chiesa e pornografia, un accostamento così insolito che pare che la prima non abbia molto da dire sulla seconda, se non che è un peccato e che è sbagliata. Lei invece su questo tema ci ha scritto un libro: cosa ha da dire la fede cattolica in merito a ciò e alle conseguenze sulla vita di un fedele oltre che dell’uomo?
Ricordiamo che San Paolo VI presentò la Chiesa come «esperta di umanità», nessun fenomeno rilevante per l’umanità – positivo o negativo – può lasciarla indifferente. C’è una preoccupazione per lo sviluppo integrale delle persone. La pornografia invece si oppone in numerosi modi allo sviluppo umano integrale della persona. I Pontefici hanno approfondito svariati aspetti della pornografia, per esempio i suoi collegamenti con la prostituzione, con un giro d’affari cinico, con l’adescamento e lo sfruttamento dei bambini, con l’evoluzione tecnologica. Nel mio volume ho riproposto questo insegnamento: papa Francesco ha addirittura parlato del sexting! Ma già Paolo VI paragonava la pornografia a una droga i cui effetti colpiscono l’intera società. La produzione e la diffusione di pornografia, inoltre, sono spesso promosse col pretesto della libertà di espressione e/o artistica che rispecchia una qualche verità sulla sessualità, ma San Giovanni Paolo II spiegò come la pornografia rifiuta la verità sul corpo umano che è fatto per il dono reciproco. La Chiesa, convinta che la sessualità è un dono di Dio (come si evince dalla Genesi e da alcuni passi dei Vangeli), non può rassegnarsi a vedere proprio quel dono maltrattato, causa di sofferenza e di cupidigia. Anche sacerdoti, singoli vescovi e conferenze episcopali hanno i loro pronunciamenti su questo tema. Il consumo di pornografia ha ripercussioni numerose, poiché tutto è collegato e i nostri stili di vita rispecchiano la nostra antropologia. La Chiesa non ragiona solo denunciando, ma è ben consapevole di altri due sforzi. Uno preventivo, ossia l’educazione alla sessualità e all’affettività da parte di genitori, comunità religiose, associazioni e istituzioni educative. È un’educazione positiva, adatta all’età dei bambini/giovani, impostata sulla base di una sana antropologia, che contempli la fertilità e la castità. Il secondo sforzo è quello che consiste nell’accompagnare, tentare di guarire e poi reinserire socialmente chi è stato ferito dalla pornografia o da un uso distorto dalla sessualità: con manuali, conferenze, preghiere, gruppi di aiuto. La nostra giovane associazione, per esempio, promuove la collaborazione tra il terapeuta e l’accompagnatore spirituale e suggerisce come un cammino di recupero i gruppi di aiuto che seguono il “metodo dei 12 passi”, già utilizzato per aiutare gli alcolisti.

Prima degli anni ’60 la pornografia erano le immagini di donne in bikini, bastava questo a scatenare sostanze eccitanti nel cervello di chi la guardava. Oggi il pansessualismo della società ci ha assuefatto a queste immagini diffuse come normali. Cosa si è perso, dal punto di vista antropologico, l’uomo di oggi che, abituato a tutto, per riuscire a vivere la sessualità ha bisogno di immagini e gesti sempre più spinti?
Sicuramente, dalla fine della seconda Guerra Mondiale, nelle società occidentali si è sensibilmente abbassato il “livello di scandalo” e la pornografia è sempre meno inaccettabile: influenza il settore pubblicitario, l’abbigliamento, la musica e lo spettacolo, le convinzioni e i comportamenti. Negli anni Sessanta, si era già andati parecchio oltre la donna in bikini. Nasceva Playboy già nel 1953! E filmati 8mm pornografici si giravano nella seconda metà degli anni Sessanta. Veniamo, ora, alla dimensione individuale: un individuo potrà anche essere eccitato inizialmente dalla donna in bikini, ma sarà tentato ad andare verso materiali più spinti, sia negli anni Sessanta, sia oggi, con la differenza che oggi è molto facile accedervi. Dal punto di vista antropologico si è persa la possibilità di maturare in modo armonioso un’infanzia con uno sviluppo cognitivo e relazionale adeguato. Prima, accedere a materiale pornografico (anche solamente a una rivista poco spinta) richiedeva una certa determinazione e organizzazione, tipica della tarda adolescenza, e comunque non tutti gli adolescenti vi accedevano. Ora, invece, i bambini hanno la possibilità (elevata!) di venire travolti da immagini esplicite sotto i 10 anni, sebbene non desiderano vederle e non le abbiano cercate. La loro immaginazione viene presa in ostaggio e rovinata per sempre! Succede troppo presto a un’elevatissima percentuale di bambini che avranno una visione “pornificata” della sessualità e della coppia.  Sabato ai partecipanti al convegno Sua Santità affermava: «In alcuni siti di Internet, i giovani (…) vengono adescati e trascinati in una schiavitù».

Il Corriere della Sera ha riportato in questi giorni dati italiani sconcertanti che somigliano a quelli già pubblicati in America: con l’incremento della pornografia, delle immagini erotiche e dell’uso di internet si è abbassato il numero dei giovani che hanno rapporti sessuali. Come a dire che la “disinvoltura” in questo ambito uccide la sessualità. Può spiegarci perché?
Si consideri che chi è rinchiuso nella pornografia talvolta sta “bene” così nel senso che si “accontenta” delle persone sullo schermo e della masturbazione. Le figure sullo schermo sono “oggetti” sempre disponibili e reagiscono al minimo clic. Non richiedono considerazione, tempo e forse sono anche più belle ed eccitanti rispetto alla realtà. Una vera donna, per un ragazzo intriso di pornografia, in fin dei conti può “valere meno” della pornostar: la vera donna magari non ci sta o magari rifiuta determinate umiliazioni. Inoltre, i film pornografici hanno fatto del sesso una questione di performance tra persone sempre disponibili. Questa non è la realtà! La pornografia ha così reso arduo intavolare una conversazione, ha reso ansiogena la seduzione e pare che per alcuni adolescenti stia diventando difficile proprio puntare ad avere un rapporto sessuale. Forse una società ammalata di sesso-schermo finisce per abbandonare il sesso in carne e ossa? Sono tendenze da monitorare.

Oggi la pornografia hard è diffusissima, sempre più bambini dai 10 anni cominciano a vedere video di una violenza indicibile grazie alle loro microtelevisioni portatili, gli smartphone, prive di controllo. Cosa pensa di questo fenomeno e come arrestarlo se non vietando ai piccoli di usare da soli internet e di educarli a farlo una volta cresciuti?È una grave aggressione nei confronti dello sviluppo dei bambini, una violazione dei loro diritti e, in molti Paesi, anche una violazione della legge. Non mi affretterei a mettere un qualsiasi schermo collegato a Internet davanti a un bambino! Lo smartphone è una babysitter micidiale e il silenzio del bambino non significa che egli stia bene. Vedo quotidianamente bambini con uno smartphone collegato a Internet in mano senza un adulto nei paraggi, avverto un cupo brivido nel vederli. La cameretta che un tempo era il mondo privato del bambino e dell’adolescente ma pur sempre in casa, viene sostituito con l’universo dello smartphone e una buona parte della navigazione avviene fuori casa e senza supervisione da parte dei genitori. Come arrestare il fenomeno? Intanto proviamo ad arginarlo con il controllo dell’attività online, ma anche delle attività extrascolastiche; la solidarietà tra genitori e con gli insegnanti; lo sviluppo di una relazione di fiducia tra bambini/adolescenti e genitori affinché si sentano spinti a condividere col genitore qualsiasi immagine o contatto sconcertante, confidando che il genitore lo ascolterà con benevolenza; la stesura di vere e proprie regole d’uso per Internet con gli adolescenti; la protezione della vita di famiglia, per esempio bandendo i telefonini durante i pasti e proibendo di portarli nelle loro camerette. Ma non sarebbe giusto caricare un tale fardello solo sulle famiglie, bisogna che l’industria di Internet e le pubbliche autorità facciano la loro parte. Vale anche per i vari mezzi di comunicazione: devono contribuire a creare una cultura refrattaria alla pornografia, in cui guardare porno non sia un passatempo qualsiasi, in cui figurare in immagini “porno amatoriale” condivise con lo smartphone non sia visto come una audace bravata. L’allarme pornografia come emergenza per la salute pubblica è stato dato negli ultimi anni sia dal Governo del Regno Unito sia da alcuni Stati Usa. Speriamo che vengano adottate rapidamente politiche articolate e integrali per contrastare questo tsunami e che altri Paesi se ne ispirino. Non sarebbe nemmeno giusto preoccuparsi unicamente dei bambini, poiché anche gli adulti sono alle prese con questo fenomeno.