Presenza internazionale, un susseguirsi di discorsi e gruppi di lavoro, esperti di altissimo livello e alla fine un’udienza col Santo Padre: questo era il Congresso che ha affrontato dal 3 al 6 ottobre 2017, sotto numerosi punti di vista, le minacce alla dignità dei bambini all’epoca del tutto digitale, le possibili prevenzioni e contromisure. Rappresentate svariate discipline e le più note organizzazioni – enti pubblici, associazioni o fondazioni – che si adoperano per la protezione dei minorenni.
Tra gli argomenti ricorrenti, si annoverano il bullismo e lo stalking, la violenza fisica e le svariate sfaccettature del maltrattamento, gli abusi sessuali collegati a Internet, la necessità di ottenere maggiori dati e la difficoltà che c’è nell’interpretarli.
Numerosi relatori hanno beninteso abbordato il tema della pedopornografia e, più generalmente, quello della pornografia. Molti erano concordi nel riaffermare che il consumatore – anche frequente – di pornografia inscenante adulti non è la tipica persona interessata dalla pedopornografia. Per dirlo altrimenti: ciascuno va on-line per cercare il tipo di porno che più gli corrispondere, senza di solito sconfinare in altri filoni, e soprattutto non in quello particolare quanto rischioso della pedopornografia. Quest’ultimo filone è consultato solo da chi “cerca proprio quello”. Ciò premesso, c’è stata unanimità nell’evidenziare che nessi tra pornografia e minacce alle dignità dei bambini, sì, ce ne sono. In particolare, il fatto che minorenni accedano a materiale pornografico va considerato un’innegabile lesione alla dignità, un abuso. La dichiarazione finale, rilasciata il 6 ottobre, ricorda che «il deleterio impatto della pornografia sulla mente malleabile dei bambini è un ulteriore grave danno a cui la rete li espone. Noi condividiamo la visione di un internet che sia accessibile a tutti. Tuttavia crediamo che essa debba comprendere anche il riconoscimento del valore non negoziabile della protezione di tutti i minori». Per “mente malleabile”, possiamo intendere chi è ancora in fase di maturazione, non ancora in grado di prendere decisioni, senza aver già maturato un senso critico. Per “non negoziabile”, possiamo intendere che non c’è da transigere con chi pretende fare soldi, con chi pretende diffondere pornografia senza barriere invocando un qualche vago diritto di creare e diffondere informazioni senza nessun limite.
È riemersa la constatazione che la pornografia propone e inculca una visione reificante e strumentale delle persone, in particolare delle donne, e che influenza le convinzioni e i comportamenti dei suoi consumatori regolari, in particolare dei bambini e dei giovani.
Di seguito, alcuni spunti che ho colto durante la seconda giornata dei lavori.
Michelle Anne Williams, decano di facoltà alla Scuola di salute pubblica di Harvard, ha affrontato la questione dei maltrattamenti dei bambini con un approccio epidemiologico: che tipo di maltrattamento, quali tendenze e quali ripercussioni in ciascun tipo di maltrattamento. Tra i maltrattamenti elencava l’esposizione a materiale pornografico, con conseguenze di tipo mentale e relazionale, e la tendenza ad adottare comportamenti sessuali a rischio.
I lavori del dottor Donald Hilton Jr., neurochirurgo venuto dal Texas, hanno in un certo senso “confermato” queste conseguenze, spiegando che la pornografia influenza il cervello umano, soprattutto il cervello di chi è ancora in fase di sviluppo, come bambini e adolescenti, rendendolo più sensibile a e più assetato di pornografia. Nello specifico, la pornografia fornisce potentissimi stimoli sessuali che creano un sistema di “ricompensa” nel cervello della persona, che finisce per assuefarvisi e chiederne sempre ancora, sempre di più. Ne scaturisce un condizionamento sociale: i ragazzi considerano le donne reali come “pornografia di scarsa qualità” (bad porn), mentre le ragazze seguono i profili social dei principali attori porno e sono convinte che quel tipo di uomo sia il partner ideale. Le considerazioni del dottor Hilton sull’argomento “pornografia-cervello-dipendenza” erano davvero simili a quelle formulate dal dottor Peter Kleponis, che ha accompagnato Puri di Cuore in occasione del tour italiano di maggio 2017.
Le ricerche del prof. Arne Dekker, dell’università di Amburgo, hanno consentito di formulare interessanti correlazioni sul modo in cui la pornografia contribuisce alla reificazione delle persone e, al contempo, influisce sulla mentalità e le credenze del consumatore abituale. Per esempio, attraverso appositi questionari, il prof. Dekker ha tentato di capire se i consumatori abituali di pornografia sono o meno particolarmente propensi a credere/accettare il “mito dello stupro” (ossia quella concezione dello stupro come un’esperienza in fin dei conti piacevole, desiderata, una concezione massivamente propagata dalla pornografia). Attraverso analisi dei movimenti degli occhi, ha tentato di capire se i consumatori di pornografia, mentre osservano fotografie sensuali di persone in biancheria intima, hanno o meno tendenza a guardare il corpo piuttosto che il volto. Ha tentato di capire se esiste un particolare interesse per il “porno vendetta” e il materiale diffuso in modo non consensuale, osservando (sempre con analisi dei movimenti degli occhi) in quale modo reagiscono determinate persone se gli viene detto che stanno guardando fotografie diffuse senza il consenso delle persone rappresentate, oppure se tale informazione viene taciuta. I risultati di queste ricerche sono stati presentati in modo molto convincente: oramai, numerose discipline sono davvero in grado di evidenziare preoccupanti correlazioni dovute al consumo di pornografia.
Mary Anne Layden, psicoterapeuta dell’Università di Pennsylvania, ha organizzato la sua relazione a vasto spettro presentando le conclusioni di altri studi concernenti aspetti mirati della produzione e del consumo di pornografia, e delle implicazioni. La pornografia, ha insistito, è un “fattore autorizzante” (inculca, cioè, dei permission-giving beliefs). Autorizza a pensare certe cose, a comportarsi in un certo modo, ad aspettarsi che gli altri si comportino in un certo modo. I danni sono da annoverarsi sia tra gli attori porno, sia tra i consumatori, uomini e donne. Gli uomini hanno tendenza ad approvare, sdoganare o addirittura provare rapporti sessuali violenti o non-consensuali. Le ragazze sono pronte (rassegnate) a fare quello che il loro ragazzo (intriso di pornografia) chiederà. La prof.ssa Layden ha inoltre definito la pornografia di Internet come un “ambiente di apprendimento” straordinariamente efficace: offre stimoli, ricompense, sempre materiale nuovo, propone modelli, favorisce i contatti, e incoraggia comportamenti antisociali da chi si sente tutelato dall’anonimato che offre Internet! Purtroppo, tutto quello che la pornografia insegna è menzogna.
Insomma, davvero molti spunti per la riflessione, essenzialmente provenienti da ambiti quali medicina, sociologia, psicologia, scienza forense, diplomazia internazionale, conoscenza del settore delle comunicazioni e dei grandi principi internazionali. Molti spunti eminentemente tecnici che consentono, utilmente, di affermare la giustezza e la lungimiranza del magistero della Chiesa sul tema della pornografia (che ho raccolto e riproposto qui). Molti spunti tecnici che meritano di, e anzi giovano ad, essere accompagnati precisamente da quello stesso magistero della Chiesa. Difatti, «è semplicistico pensare che i principi etici possano presentarsi in modo puramente astratto, slegati da ogni contesto, e il fatto che appaiano con un linguaggio religioso non toglie loro alcun valore nel dibattito pubblico. I principi etici che la ragione è capace di percepire possono (…) venire espressi con linguaggi differenti, anche religiosi», ricorda l’enciclica Laudato si’ (§ 199).
Dai relatori, e anche durante i gruppi di lavoro, è stato elogiato lo sforzo del Governo inglese per arginare la proliferazione e diffusione sregolata della pornografia online (sforzo che risale al Governo Cameron). Il Congresso, inoltre, ha dato la parola a rappresentanti di numerosi dei settori coinvolti: industria e mezzi di comunicazione, forze di polizia, clero, mondo associativo, scienziati e terapeuti. Indubbiamente serve un’ampia collaborazione per riuscire ad affrontare queste sfide. Tenendo a mente i tre livelli di azione proposti la mattina del 4 ottobre dalla special rapporteur dell’ONU incaricata di lavorare sul traffico di bambini, sulla prostituzione e sulla pornografia infantili, la giurista Maud de Boer-Buquicchio: il livello immediato, studiando le minacce per prevenire un danno imminente; il livello intermedio, ossia il lavoro col settore industriale-tecnologico e i content provider; il livello sottostante, che consiste nel plasmare una cultura e una società refrattive a determinati comportamenti, che rigettino l’impunità e l’indifferenza.
Le parole di Papa Francesco, rivolte ai partecipanti il 6 ottobre, hanno evidenziato la necessità di non limitare la riflessione ai bambini: «la diffusione della pornografia sempre più estrema e degli altri usi impropri della rete non solo causa disturbi, dipendenze e gravi danni anche fra gli adulti, ma incide effettivamente anche sull’immaginario dell’amore e sulle relazioni tra i sessi. E sarebbe una grave illusione pensare che una società in cui il consumo abnorme del sesso nella rete dilaga fra gli adulti sia poi capace di proteggere efficacemente i minori».
Tebaldo Vinciguerra
Segretario PURIdiCUORE
2 novembre 2017