La ferita nella relazione e la relazione ferita

Testimonianza di guarigione nella coppia coniugale

L’unione coniugale, il matrimonio, è unione di due persone – di due corpi e di due anime – con le loro ferite, perché non esiste una relazione che non sia ferita: la ferita è la condizione della nostra umanità, bisognosa di salvezza, bisognosa di Dio.

 

La Storia della Salvezza è storia di relazioni e famiglie ferite in cui Gesù entra per curarle e portare la salvezza. Così nella coppia coniugale, continuiamo a coprire le nostre ferite mettendoci delle maschere, fino a che non incontriamo chi ci ama – Gesù – e permettiamo a Gesù di entrare nella relazione e guarire.

È inutile cercare di eliminare le ferite. Alla fine sono le ferite stesse che permettono di guardare a noi stessi e all’altro in maniera diversa, smettere di essere individui e a trasformarci in persone.  La parola è la struttura portante di questo rapporto, è la Parola che fonda la famiglia.

 

La testimonianza di Michelle – di origine irlandese – e Luca, sposati dal 1991, genitori di quattro figli nati tra il 1992 e il 2003 mostra come la ferita nella relazione, guardata nella verità e portata giorno dopo giorno davanti al Signore, può essere curata. Sia nella coppia coniugale sia nelle relazioni familiari.

 

Il percorso parte dalla infanzia e adolescenza di Michelle, dal rapporto tra madre e figlia vissuto nella verità che aiuta nella ricerca del senso alla vita porta a trovarlo nella persona viva di Gesù. Luca, bambino curioso, subisce una ferita apparentemente insignificante ma che ha poi conseguenze significative nella vita di giovane e poi di adulto, sposo e padre. Problema mai stato occultato, ad un certo punto tuttavia le conseguenze di esso rischiano di mettere in pericolo la relazione stessa. Inizia un percorso di comprensione del problema e di cura, che sfocia nella guarigione nei tre aspetti di esso: fisico, emotivo e spirituale.

La ferita nella relazione non impedisce di mettere Gesù al centro della famiglia, è Lui l’amico del cuore, che rende vivi piccoli segni quotidiani come il saluto “God bless”, la preghiera prima dei pasti in famiglia ed in altri momenti. Si cerca la compagnia dell’Amico nella messa domenicale, nei sacramenti, nella fratellanza con altre famiglie con cui si condivide le fede e nell’accoglienza dell’altro come dimensioni normali della vita famigliare. E poi non temere di chiamare le cose per nome, essere liberi nella verità, così che la Parola trasformi la ferita in un’esperienza feconda.

 

Aspetti pratici: Tempo indicativo: 60 minuti + tempo per domande.