Dall’inizio dell’anno si susseguono le notizie di drammi, indagini e arresti dovuti alla circolazione di immagini “a luci rosse” di minorenni online, sui vari social.
Questo mese di febbraio ricorreva il Safer Internet Day, ossia la giornata per un Internet maggiormente sicuro: viene celebrata in organizzazioni di vario tipo e numerose nazioni, nonché dalla Commissione Europea.
A livello italiano, si è svolto online su due giorni un raduno di esperti, organizzato dal Telefono Azzurro,
occasione di riflettere alle conseguenze della pandemia sul web (tema complesso, di cui una sfaccettatura è stata già commentata su questo blog) in particolare per quanto concerne la sicurezza dei bambini. Il tema della pornografia, dell’abuso sessuale, era beninteso ricorrente (anche se non l’unico).
Il 9 è intervenuta Anna Lisa Lillini, Dirigente della Polizia di Stato, che sull’uniforme porta il distintivo della Polizia Postale, appunto il corpo che in Italia si occupa anche della criminalità online, la pedopornografia. La dottoressa Lillini ha condiviso l’esperienza della Polizia: «nell’ultimo anno noi abbiamo visto aumentare un po’ tutte le tipologie che vedono i minori come vittime. Il dato che fa un pochino più impressione è il fatto che si sia abbassata l’età delle vittime e questo soprattutto su due fattispecie (…) quello dell’adescamento online ma anche addirittura quello del revenge porn o della sextorsion, fenomeno che fino a qualche anno fa era riservato solamente agli adulti e che adesso vede alcuni casi – anche se poco – su bambini al disotto dei 9 anni. Lo stesso vale per quanto riguarda l’adescamento online dove c’è un aumento degli adescati nella fascia di età sotto i 9 anni. Chiaramente questo perché l’ultimo anno i bambini hanno probabilmente bruciato un po’ le tappe». I bambini si sono abituati all’«utilizzo della rete ben prima di quanto forse non sarebbe successo in situazioni normali» a causa delle giornate trascorse interamente online.
Tra i relatori che l’hanno seguita, ha preso la parola Ernie Allen, qualificatissimo e riconosciuto esperto dell’economia digitale; dei lati oscuri di Internet; dei partenariati pubblico-privato e della protezione dei bambini anche per quanto concerne i rapimenti, lo sfruttamento sessuale, la violenza sessuale e il traffico di persone e attuale presidente della WePROTECT Global Alliance. Ha esordito ricordando che il New York Times aveva scritto, nel 2019: «20 anni fa, le immagini online erano un problema; 10 anni fa un’epidemia. Adesso la crisi è a un punto di rottura». Lo sfruttamento sessuale dei bambini online e il materiale di abuso sessuale di bambini sono diventati «una questione maggiore per i diritti umani nel nostro tempo». Nel dibattito che infuria in Europa, tra difesa dei bambini e difesa dalla privacy, Ernie Allen ha invitato a non considerare i diritti alla privacy come diritti assoluti, poiché ogni immagine di un bambino abusato è un delitto. In particolare ha interpellato i responsabili politici europei e auspicato un maggiore spazio per le soluzioni tecnologiche (una posizione, questa, che aveva spiegato anche nella sua intervista rilasciata nel 2019 a PURIdiCUORE) a questi problemi: milioni di immagini di bambini abusati sono state individuate grazie a determinati programmi informatici, e in certi casi si riesce ad identificare e rintracciare la vittima. L’Alleanza WePROTECT consta di 98 Paesi, 44 aziende tecnologiche, 45 organizzazioni della società civile e 9 organismi internazionali tra i quali UNICEF e INTERPOL. Insomma, un’Alleanza di certo peso quella che decide di interessarsi a queste problematiche già da alcuni anni.
Problematiche gravi poiché «il mercato del digitale oggi privilegia il rapporto coi minori» spiegava il giorno prima Stefano Zamagni, noto economista dell’Università di Bologna, Presidente della Pontificia Accademia per le Scienze Sociali. Questo perché solo intervenendo «sulle mappe cognitive dei minori si riescono a plasmare le loro abitudini di consumo: è questo lo scopo di assicurarsi clienti per un lungo periodo di tempo». Difatti «è difficile cambiare i modi di vita, gli stili di vita, i modi di pensare di una persona già adulta», e le aziende digitali puntano sulle fasce adolescenziale e preadolescenziale durante la quale «si formano le abitudini di vita, gli stili». Oltre al problema del contenuto che potrebbe violare la morale, c’è dunque il problema della dipendenza. Dinnanzi a una «incapacità di reazione critica» da parte dei minori, bisogna capire – spiega il Professor Zamagni – che «creare dipendenze viola il principio fondamentale di libertà delle persone». Per questo ritiene che «ci dobbiamo tutti responsabilizzare di più poiché siamo stati disattenti»: allorché si mettevano nelle mani dei bambini i vari strumenti informatici non c’è stato «in parallelo un progetto educativo».
Poco prima di lui, Mons. Erio Castellucci, Arcivescovo di Modena e Nonantola, proponeva una «alleanza educativa tra gli adulti che sia interreligiosa ma anche interistituzionale, una creazione di luoghi di ascolto dei ragazzi, dei giovani, luoghi anche digitali» e, nelle parrocchie, proporre «momenti di formazione per gli educatori», non solo per parlare di come evitare i vari tipi di abusi ma soprattutto affinché si possa «presentare in positivo la bellezza dell’educazione agli affetti, alcuni ideali alti».
Questi sono solo alcuni degli importanti spunti che si possono cogliere e meditare, con gratitudine per i relatori e gli organizzatori di questa recente due giorni.